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Guinna Expeditions - Bamako - MALI
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Luoghi interessanti - Pagina 2

  • MOPTI
    Ubicata alla confluenza del Niger e del Bani, è chiamata “La Venezia d’Africa”. In realtà è molto più caotica, con le centinaia di pinasse multicolori che si toccano le une con le altre. Alcune misurano più di 30 metri di lunghezza, molte sono cariche di animali, verdure oppure minerali. L'aria sa di pesce e di altri odori più piacevoli: sale, noci, cipolle secche... Situata a 650 km da Bamako, la città si è sviluppata a partire da un minuscolo villaggio Bozo. Dalla fine del XVIII° secolo ha conosciuto una forte espansione. Oggi Mopti è la capitale della quinta regione economica del Mali e il punto di partenza o d’arrivo di numerosi circuiti turistici.

    Non si possono perdere assolutamente il suk degli artigiani, il pittoresco mercato sul molo del porto, il cantiere di costruzione delle piroghe, la vita stessa del porto, la moschea Komoguel (1933) e il tramonto del sole sul Bani.


     

  • IL PAESE DOGON
    Si tratta di una terra unica in Africa, una terra di leggende e di misticismo. Il paese dei Dogon è uno degli ultimi luoghi dove è possibile incontrare l’antica saggezza africana.
    Andare in questa regione è come entrare in un santuario. Il paragone è d’obbligo dal punto di vista geografico perché la regione si presenta sotto forma di un altipiano situato sopra i territori di Massina, con i famosi dirupi di Bandiagara che si alzano a trecento metri sopra la pianura vulcanica. Quando entrate nel paese Dogon, dovete accettare la stranezza radicale di un universo culturale i cui valori sono basati su una filosofia e una religiosità straordinariamente ricche e complesse.

    Mentre Djenné e Timbuctu sono state scoperte secoli fa dagli Europei, la terra dei Dogon è stata studiata solo a partire dal 1931, con la missione etnologica del Professore Marcel Griaule. L’universo culturale e materiale Dogon è assai difficili da capire. In realtà, tutto, anche l'oggetto più banale, ha un carattere sacro e una valenza simbolica.
    Anche la forma di una semplice cesta dogon è simbolica: il fondo quadrato evoca i punti cardinali mentre la parte superiore, circolare, evoca la volta celeste.
    La “cosmogonia Dogon”, com’è stata spiegata dal vecchio cacciatore ceco Ogotemmêli a Griaule, è narrata nel libro Dio d’acqua. Questo libro aiuta a capire la vita di queste persone incredibili il cui segreto è la loro fede, le loro credenze, che plasmano ogni azione della loro vita quotidiana. Il sacro si mescola in permanenza al profano. I miti estremamente complessi dei Dogon rappresentano le fondamenta dell’esistenza degli uomini, mentre la religione segna profondatamene l’architettura dei villaggi. Una volta sulla cima del dirupo, è possibile farsi una buona idea dello stile Dogon. I villaggi sono dei mosaici di case familiari chiamate guinna, caratterizzate da terrazzi quadrati, di granai per il miglio con i tetti appuntiti fatti di paglia. Per quanto riguarda la loro organizzazione e la loro disposizione, ogni villaggio rappresenta una forma umana grazie ad un’architettura antropomorfa. Visto il gran numero di luoghi sacri, il villaggio stesso diventa una sorta di santuario.
    È difficile fare più di dieci passi senza imbattersi in un altare o una roccia recante tracce di sangue di pollo. È impossibile mancare la casa riservata alle donne con il ciclo: rotonda, si trova lontana dalle altre case, perché la comunità non deve avere contatti con le donne “impure”. Ci sono anche i toguna, gli edifici sotto i quali gli uomini tengono i loro consigli e si riuniscono. Ognuno di loro è sostenuto da otto pilastri (gli otto antenati primordiali), con un soffitto molto basso. Ci sono gli altari dove vengono celebrati i misteriosi riti del binou, dove Amma, il Creatore, viene onorato. Le facciate dei “templi” vengono periodicamente decorate di disegni geometrici simbolici, che sono l’equivalente della nostra scrittura. Manca lo spazio libero per nuove costruzioni, ma nessun Dogon che vive sul dirupo vorrebbe abitare in pianura, considerata come “pericolosa” e riservata all’agricoltura.
    Tutti gli abitanti, dalla nascita alla morte, vivono in simbiosi con il loro territorio. Quando qualcuno muore, il corpo viene avvolto in una coperta a quadretti e issato in una delle cavità del dirupo. A qualche metro sotto questo cimitero aereo, i vivi passano le loro giornate a coltivare i loro campi di miglio nella pianura “pericolosa”, le cipolle in prossimità dalle case, e ad allevare capre e pecore. Il mito è vivo, sempre e ovunque. Tutti i Dogon sanno perfettamente quali credenze sono legate a un vestito particolare, a una scultura, a alla scarificazione della pelle o alla limatura dei denti...
    I denti vengono limati per farli assomigliare a un pettine, per evocare il fuso: la parola che passa attraverso i denti è quella che tesse il mondo. Le sculture, le porte decorate e alcune costruzioni hanno le stesse funzioni delle cattedrali cristiane del Medioevo: la celebrazione e l’insegnamento.

    Ogni villaggio ha il suo capo spirituale, il maestro di tutti i misteri, il grande iniziato che dirige alcuni aspetti del culto e il depositario delle cerimonie rituali. Si tratta dell’hogon, il rappresentante più anziano della comunità, che ha il ruolo di gran prete del Lébé (l'antenato primordiale reincarnato in serpente).
     
    Ogni notte, secondo il mito, un serpente arriva e copre l’hogon con la sua saliva. Questo gli dà la sua forza vitale; per controparte, non ha il diritto di lavarsi. Deve inoltre sempre indossare sandali, perché le sua stessa forza farebbe bruciare la terra se camminasse a piedi nudi.
    Questo profondo attaccamento dei Dogon alle loro tradizioni è espresso di maniera spettacolare nel corso della danza delle maschere. Nel passato, per tutte le tribù africane, le danze erano legate a dei cerimoniali religiosi. Al giorno d’oggi, nella maggior parte dei casi, la valenza religiosa è stata dimenticata. Non è così per i Dogon: la danza è una cerimonia importante riservata ai soli uomini. Nessuna variazione rispetto alla tradizione è tollerata; per ogni danza, qualunque sia l’origine del bisogno di una danza rituale, i passi sono immutabili, come il funzionamento dell’universo che rappresentano. Le danze Dogon presentano una grande varietà di maschere: animali, donne, Dio, la casa, il mitico serpente Lébé e i diversi aspetti del cerimoniale religioso.

    Anche i mercati sono un’esperienza da non perdere. Ma è difficile sapere quando e dove hanno luogo, perché si tengono ogni cinque giorni secondo un ciclo non corrispondente alla nostra scansione del tempo. Per i Dogon infatti la settimana dura cinque giorni; quattro giorni di lavoro produttivo e uno per gli scambi commerciali. L'attività è frenetica e le discussioni numerosissime, come per la cultura occidentale anche per i Dogon "In principio era il verbo”.

     

  • TIMBUKTU
    "Il sale viene dal nord, l’oro dal sud e l’argento dalla terra dei Bianchi, ma il regno di Dio, le cose illustri, le storie e le fiabe le troviamo solo a Timbuctu." (Proverbio sudanese de XVI° secolo.)
    Quali sono le origini di questa città del Mali il cui nome crea l’entusiasmo e la curiosità ovunque nel mondo? Timbuctu, dalla parola targui tinbouctou, significa "il posto di Buctu". Fu fondata nell’XI° secolo quando i Tuareg Imack-Charen, dei nomadi che passavano gli inverni a Azonad e la stagione calda in prossimità del Niger, scoprirono questa piccola stazione di sosta disdegnata da tutti, poco al nord del fiume. Andando verso il nord, lasciarono alcuni dei loro effetti a una vecchia donna, incaricata di sorvegliarli. Si chiamava Buctu. Così nacque il piccolo villaggio che divenne in pochi secoli uno dei centri religiosi e di commercio più importanti dell’Africa del Nord.


    Situata in una posizione strategica, divenne in poco tempo uno scalo commerciale di primaria importanza.
    Quando l’Imperatore Kankou Moussa tornò dal suo pellegrinaggio dalla Mecca nel 1325, era rimasto a tal punto impressionato dal Cairo e delle altre città sante che aveva visitato da decidere di trasformare il volto di Timbuctu. Ordinò la costruzione della moschea Djingareiber e diede nuovi incentivi allo sviluppo delle già fiorenti attività commerciali. Il periodo tra il XIV° secolo e il XVI° secolo fu l’età d’oro della città nata dalla sabbia del deserto. A Timbuctu, il Nord bianco incontra il Sud nero. Vi si poteva comprare e vendere di tutto: seta, spezie, rame, stagno, avorio, piume di struzzo, schiavi, sale... La ricchezza della città permise il fiorire di una civilizzazione raffinata.

    Il cuore del mondo letterario erano l’università e la moschea di Sankoré. La storia di Timbuctu è il riflesso della nascita e del declino delle civiltà della regione. Tappa fondamentale sulle strade del commercio nel medioevo e all’epoca del declino dell’antico Mali, Timbuctu fu presa dai Fulani e in seguito dai Francesi.

    Ma lo spirito di Timbuctu, la sua fede e il suo orgoglio segnano, come una volta, i suoi abitanti e la sua architettura: le moschee di Djingareiber, Sankoré e Sidi Yahya, le case degli esploratori René Caillé, Barth, Mungo Park e Laing, gli edifici costruiti nello stesso stile da secoli, il museo, la biblioteca, il mercato, le carovane degli Azalai... Timbuctu è iscritta nella lista del patrimonio dell’Umanità mondiale dell’Unesco dal 1988.
     

  • AZALAI
    Una volta, prima che la navigazione sostituisse le grandi carovane che attraversavano il Sahara, il commercio internazionale si faceva via terra. Era il tempo della via della seta e della via del sale e dell’oro, che collegava l’Africa occidentale al mar Mediterraneo. Timbuctu ne era una tappa fondamentale, e le guide più esperte erano i misteriosi Tuareg. Oggi rimane solo il ricordo di queste vie leggendarie. Ma il bisogno di sale dell’Africa Occidentale fa che esista tuttora una di queste vie, quella detta degli Azalai.
    Nel cuore del Sahara, a ottocento chilometri a nord di Timbuctu, un vecchio lago prosciugato milioni di anni fa ha lasciato sulla sua superficie un’enorme quantità di sale solido. Una volta estratto, questo prezioso "oro bianco" viene trasportato verso il Niger, per essere in seguito distribuito nell’intero Sahel. Questo duro lavoro viene eseguito dai Tuareg che organizzano tra ottobre e marzo carovane di dromedari - da trenta a quaranta animali - tra Timbuctu e le miniere di sale di Taoudenni. Il viaggio dura venti giorni per ogni tratta e un dromedario può trasportare da quattro a sei barre di sale di trenta chili. Gli Azalai, (una parola che significa "nostalgia del ritorno" in tamashek) rappresentano l’ultima e la più spettacolare carovana dei nostri tempi.

     


CELEBRAZIONI TRADIZIONALI

  • Dogon
    Ogni 4 anni, il Dama in ricordo degli antenati.
    Ogni 60 anni, il Sigui. Tutte le maschere sono presentate per le danze. La celebrazione è itinerante, di villaggio in villaggio.
    Ogni 3 anni a Songho, festa della circoncisione nel mese di marzo.
     

  • Kangana
    Ogni 7 anni, Kaaba-Bolon, ricostruzione della Casa Sacra Malinké.
     

  • Lontou
    Fine della mietitura, Mamadjombo. Danza delle maschere Kassonke.
     

  • Moundiah
    Aprile-giugno, festa degli schiavi, per riaffermare l’unità e la comprensione tra schiavi e padroni.
     

  • Diafarabe
    Novembre-dicembre, transumanza. Transumanza del bestiame dei Peulh. Dal Sud verso il delta interno.
     

  • Timbuctu
    Maloud. Il compleanno del Profeta. La principale celebrazione musulmana a Timbuctu.
     

  • Markala
    Giugno. Festa della marionette. Carnevale per fare venire la pioggia.

     


 

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